L’ADHD negli adulti e nelle donne

L'ADHD negli adulti e nelle donne.

Cos’è l’ADHD e come questa neurodivergenza si presenta in età adulta e nelle donne, dalle alterazioni cerebrali alle sue manifestazioni. Tempo di lettura: 15 minuti.

Indice

  1. Cos’è l’ADHD?
  2. Neurodivergenza
  3. Differenze individuali: ADHD e donne
  4. Le alterazioni cerebrali
  5. ADHD e relazioni sociali
  6. Riferimenti bibliografici

Cos’è l’ADHD?

Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività è una neurodivergenza legata al diverso funzionamento di alcune aree cerebrali, che generano difficoltà nel pianificare azioni complesse (cioè delle funzioni esecutive), nella concentrazione, nel controllo degli impulsi e nella motivazione. L’ADHD ha una forte componente neurobiologica e genetico-ereditaria, ma c’è sempre da considerare quella che è l’interazione geni-ambiente per ogni singolo individuo.

Possiamo individuare tre diverse tipologie, o manifestazioni, di ADHD:

  1. Iperattivo/Impulsivo: caratterizzata da manifestazioni legate alle componenti comportamentali di impulsività.
  2. Disattento: caratterizzata da manifestazioni legate più alle difficoltà di attenzione e di concentrazione, rispetto a quelle comportamentali di impulsività. Sembra essere particolarmente rilevante per le donne e in età adulta.
  3. Misto/Combinato: caratterizzata da una combinazione delle manifestazioni di iperattività e di disattenzione. La più diffusa, soprattutto in età scolare.

L’ADHD viene spesso considerata come una diagnosi esclusivamente pediatrica o maschile: nonostante insorga sempre durante l’infanzia, essendo questa una neurodivergenza, non è insolito che le sue manifestazioni non siano riconosciute fino all’età adulta e sono numerose le donne che ricevono una diagnosi di ADHD in età adulta. Negli adulti, le manifestazioni più comuni dell’ADHD sono: difficoltà di concentrazione, scarse capacità esecutive, sbalzi d’umore, irritabilità, agitazione e impazienza, difficoltà nelle relazioni interpersonali.

La psicoterapia cognitivo comportamentale, spesso associata al trattamento farmacologico, si è rilevata efficace nel corso del tempo per sostenere le persone ADHD nello sviluppo di abilità organizzative, di problem solving, di gestione del tempo e di regolazione emotiva.

Neurodivergenza

Il concetto di neurodiversità è nato a partire da quello di biodiversità: anche all’interno della stessa specie si possono notare delle differenze e delle variazioni, sia nell’aspetto esteriore sia nel funzionamento neurologico. Possiamo riconoscere così dei pattern di funzionamento, alcuni più comuni e altri più rari: nel primo caso abbiamo la neurotipicità e nel secondo la neurodivergenza. La neurodivergenza è un funzionamento neurologico meno diffuso a livello statistico e per questo definito atipico: in questa categoria rientrano ad esempio le persone ADHD, DSA, autistiche.

Le co-occorrenze dell’ADHD

Nel campo delle neurodivergenze, essendo queste considerate non tanto patologie quanto diversi funzionamenti cerebrali, si tende a preferire il termine co-occorrenza piuttosto che comorbidità: questo infatti porta con sé una forte componente stigmatizzante messa in evidenza soprattutto negli ultimi anni dall’attivismo nel campo delle neurodivergenze come ADHD e autismo.

Le co-occorrenze più frequenti che si presentano in associazione all’ADHD riguardano i disturbi d’ansia, la depressione, le dipendenze da sostanze, il disturbo distimico e l’agorafobia. Proprio per l’elevato grado di co-occorrenze è fondamentale che venga fatto un accurato assessment e un’attenta diagnosi differenziale quando si ha a che fare con adulti non ancora diagnosticati.

Differenze individuali: ADHD e donne

Molto spesso si pensa all’ADHD come ad una diagnosi che riguarda solo l’infanzia, ma non è così: semplicemente i tratti più “visibili” ed associati al disturbo tendono ad essere meno presenti al crescere dell’età. Negli ultimi anni è stato messo in evidenza come la diagnosi di ADHD per le donne sia più tardiva rispetto a quella degli uomini. Le donne tendono ad essere più brave ad eseguire il masking e a cadere nel sottotipo disattento.

Perché questo divario di genere? Non esiste una sola risposta a questa domanda, ma una delle ragioni principali possiamo ritrovarla nel concetto di medicina e salute di genere e nel gap insito nella ricerca clinica, anche psicologica. Nel corso del tempo infatti il modello per la definizione dei criteri diagnostici è stato quello del maschio (o in questo particolare caso, bambino) cisgender e bianco: questo comporta però dei forti limiti nella ricerca che dobbiamo tenere ben presenti. Un altro elemento da tenere sempre presente è l’unicità di ogni singolo individuo. Le manifestazioni dell’ADHD possono essere molto diverse tra loro, costituendo un vero e proprio spettro.

Se vuoi sapere di più su neurodivergenza e differenze di genere, clicca qui per leggere un mio articolo sull’argomento.

Le alterazioni cerebrali

Ma com’è fatto il cervello ADHD? Non sono solo le aree biologiche del cervello in sé ad essere coinvolte, ma anche la chimica del cervello stesso.

Le zone cerebrali maggiormente coinvolte sono la corteccia prefrontale, le strutture sottocorticali e limbiche, ma anche il cervelletto: queste aree presentano alterazioni sia del loro funzionamento sia del loro volume, che appare ridotto rispetto ad un cervello non ADHD e con un flusso di sangue minore. Vediamole insieme nello specifico, per comprendere come funziona il cervello ADHD negli adulti, nelle donne e nei bambini:

La corteccia prefrontale è responsabile delle funzioni esecutive. Si occupa quindi della pianificazione, dell’iniziare e del portare a termine compiti, dell’evitare e del gestire le distrazioni, dell’attenzione e della memoria.
I gangli della base sono strutture sottocorticali responsabili del controllo degli impulsi.
Le strutture limbiche, e in particolare nell’amigdala e nell’ippocampo, sono aree dedicate all’elaborazione delle emozioni e dell’impulsività.
Il cervelletto regola il movimento volontario, l’equilibrio, la postura e la parola.

La comunicazioni tra queste regioni avviene a livello chimico tramite i neurotrasmettitori: nel cervello ADHD sono presenti anche delle alterazioni del sistema dopaminergico, i cui neurotrasmettitori chiave sono la dopamina, la noradrenalina e la serotonina. La dopamina risulta coinvolta nelle manifestazioni di scarsa attenzione e iperattività, la serotonina nell’impulsività, e la noradrenalina nell’aggressività.

ADHD e relazioni sociali

Il funzionamento di una persona neurodivergente è diversa rispetto a quello neurotipico più diffuso e questo può creare incomprensioni all’interno di una relazione affettiva. Spesso in questi casi si parla infatti di Rejection Sensitive Dysphoria. La persona ADHD può sentirsi costantemente criticata, isolata, sbagliata o addirittura incapace, sviluppando così sentimenti di ansia, vergogna e sensi di colpa. La persona cara può invece sentirsi non apprezzata, ignorata, sovraccaricata di compiti e incombenze, aumentando così il suo carico emotivo e cognitivo.

Il primo passo è conoscere e riconoscere la sintomatologia ADHD in adulti e donne: problematiche nell’espressione dell’emozione (clicca qui per leggere l’articolo sulla regolazione emotiva), impulsività, basse capacità organizzative, scarsa memoria, difficoltà nel prestare attenzione, eccetera.

Qualche strategia

Non puoi controllare la persona a cui vuoi bene: ma puoi controllare le tue azioni. Ricorda di riconoscere e validare i progressi e l’impegno della persona a cui tieni, concentrandoti principalmente sull’intenzione più che sui risultati. E non dimenticare che le tue emozioni sono valide e che puoi esprimerle. Qui troverai tre semplici passi per iniziare a lavorare insieme, ma ricorda sempre di rivolgerti ad un professionista qualora ce ne fosse bisogno.

La comunicazione. Prova a prediligere la comunicazione di persona: alcune persone ADHD possono avere difficoltà nel mantenere una conversazione indiretta tramite messaggio. Fai domande, chiedi di ripetere cos’è stato detto e se il carico emotivo del momento è troppo forte, ricorda che puoi prendere una pausa e riprendere il discorso in un secondo momento.
Il lavoro di squadra. Può essere utile dividere i compiti casalinghi sulla base di competenze e interessi. La divisione del carico dovrebbe essere equa e soprattutto basata sulla comunicazione di bisogni.
Un piano di azione pratico. Basato sulla creazione di una routine stabile e di reminders automatizzati (es. sveglie del telefono, post-it, calendari, uso di immagini di immediata interpretazione).

Ma soprattutto, ricorda di applicare compassione e gentilezza non solo verso l’altro, ma anche verso di te: il cambiamento richiede tempo e fatica: non puoi raggiungere tutti i tuoi obiettivi in un solo giorno.

Lo scopo del presente articolo è puramente informativo e divulgativo: non si sostituisce ad un percorso di terapia personale o a un iter diagnostico, ma ha il solo intento psicoeducativo.

Se sei interessato al coaching ADHD per adulti e donne, o ad un iter diagnostico, clicca qui.

Riferimenti bibliografici

Asherson, P., Chen, W., Craddock, B., & Taylor, E. (2007). Adult Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder: recognition and treatment in general adult psychiatry. British Journal of Psychiatry.
Neurodevelopmental Disorders. (2013). In Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders. American Psychiatric Association.
Barkley R.A. (1997), ADHD and the nature of self-control, Guilford Press, New York
Biederman J., Wilens T., Mick E., Milberger S., Spencer T.J., Faraone S.V. (1995), “ Psychoactive substance use disorder s in adults with attention deficit Hyperactivity disorder (ADHD): effects of ADHD and psychiatric comorbidity”, American Journal of Psychiatry, 152, 1652-1658
Eakin, L., Minde, K., Hechtman, L., Ochs, E., Krane, E., Bouffard, R., Greenfield, B., & Looper, K. (2004). The marital and family functioning of adults with ADHD and their spouses. Journal of Attention Disorders, 8(1), 1–10.
Lai, M. C., Lin, H. Y., & Ameis, S. H. (2022). Towards equitable diagnoses for autism and attention-deficit/hyperactivity disorder across sexes and genders. Current opinion in psychiatry, 35(2), 90-100.
Mongia, M., & Hectman, L. (2012). Cognitive Behavior Therapy for Adults with Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder: A review of recent randomized controlled trials. Currr Psychiatry Rep.
Nussbaum, N. L. (2012). ADHD and female specific concerns: a review of the literature and clinical implications. Journal of attention disorders, 16(2), 87-100.
Wymbs, B. T., Canu, W. H., Sacchetti, G. M., & Ranson, L. M. (2021). Adult ADHD and romantic relationships: What we know and what we can do to help. Journal of Marital and Family Therapy, 47(3), 664–681.
Zametkin A.J. (1989), “The neurobiology of attention-deficit hyperactivity disorder: a synopsis”, Psychiatric Annals, 19, 584-586