Cos’è la Terapia Cognitivo-Comportamentale? Qual è il suo contributo al benessere dell’individuo?
Qual è il ruolo di pensieri, emozioni e comportamenti all’interno del campo della salute mentale?
E come districare la matassa del nostro mondo interno in tempesta?
In questo articolo esploriamo la storia dell’approccio Cognitivo-Comportamentale e le sue implicazioni terapeutiche descrivendo le caratteristiche fondamentali di questa teoria evidence based.
Tempo di lettura: 10 minuti.
Indice
- Cos’è il modello cognitivo
- La Terapia Cognitivo-Comportamentale
- Le caratteristiche della Terapia Cognitivo-Comportamentale
- Il ruolo del pensieri
- Le distorsioni cognitive
- Il ruolo dei compiti: il paziente attivo
- La relazione terapeutica
- Districare la matassa di pensieri, emozioni e comportamenti
- Tu non sei i tuoi pensieri, ma la tua sofferenza è reale
- Riferimenti bibliografici
Cos’è il modello cognitivo
Negli anni ’60, Aaron T. Beck ha lavorato per sviluppare una terapia che fosse strutturata, efficace ed efficiente utilizzando un modello basato sull’elaborazione delle informazioni che avviene attraverso il pensiero. Per Beck quindi è la cognizione, e dunque il modo in cui gli esseri umani percepiscono e interpretano il mondo, ad essere centrale nel processo terapeutico.
Con modello cognitivo però si intende un termine ombrello che racchiude in sé diversi approcci teorici, il cui principale è quello della Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC).
La Terapia Cognitivo-Comportamentale
La Terapia Cognitivo-Comportamentale è un approccio evidence-based: si basa su principi standardizzati e riconosciuti dalla ricerca scientifica che vengono adattati al singolo individuo nella sua unicità nell’ambito della seduta clinica.
Al giorno d’oggi, con l’integrazione della mindfulness e dei suoi principi nei contesti terapeutici, la Terapia Cognitivo-Comportamentale viene definita di “terza onda” o anche di “terza generazione”. Alcuni esempi sono la Dialectical Behavior Therapy (DBT), l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), la Schema Therapy (ST), la Compassion Focused Therapy (CFT) e la Terapia Metacognitiva.
Le caratteristiche della Terapia Cognitivo-Comportamentale
Judith Beck nel corso della sua estensiva pratica clinica e di ricerca ha determinato i principi fondanti dell’intervento basato sulla Terapia Cognitivo-Comportamentale.
- Si basa su una formulazione e una concettualizzazione del caso in continua evoluzione e specifica di ogni singolo paziente;
- Richiede alleanza terapeutica;
- Collaborazione e partecipazione attiva sono centrali nel processo terapeutico;
- Si fonda e orienta su obiettivi terapeutici;
- Si concentra sul presente;
- Ha componenti psicoeducative al fine della prevenzione delle ricadute;
- La terapia è limitata nel tempo;
- Le sedute sono strutturate;
- Punta all’identificazione condivisa terapeuta-paziente e al cambiamento dei pensieri e delle credenze disfunzionali;
- Utilizza diverse tecniche.
Il ruolo dei pensieri
Nel contesto della Terapia Cognitivo-Comportamentale è l’interpretazione della sua situazione e non la situazione reale di per sé, a determinare le conseguenze emotive, comportamentali e fisiologiche dell’individuo. Questa interpretazione viene spesso identificata nei pensieri automatici del paziente, influenzati da credenze intermedie e profonde che si sono sviluppate e cristallizzate durante le sue esperienze di vita.
I pensieri automatici
Sono pensieri che nascono in modo spontaneo e non sono basati su una cosciente o deliberata riflessione, per questo possono essere valutati a seconda della loro validità e utilità. I pensieri automatici sono influenzati dalle credenze intermedie e dalle credenze di base.
Le credenze intermedie
Le credenze intermedie sono condizionamenti: opinioni, regole, valori, assunzioni, che si apprendono in maniera più o meno diretta nella nostra vita dalle istituzioni come famiglia, società, scuola, religione, media. Si apprendono dunque tramite l’interazione interpersonale con gli altri, l’osservazione diretta, messaggi, regole e norme sociali più o meno espliciti.
Le credenze di base
Le credenze di base sono convinzioni su se stessi, sugli altri e sul mondo che vengono considerate e vissute dall’individuo come verità assolute e che si sviluppano a partire dalla prima infanzia. Queste credenze sono globali, rigide, iper-generalizzate e assolute.
Esistono tre categorie di credenze di base disfunzionali, sulle quali si lavora in terapia al fine di renderle più flessibili, realistiche e funzionali:
- Inadeguatezza
- Non amabilità
- Mancanza di valore
Le distorsioni cognitive
Uno degli obiettivi terapeutici nell’approccio Cognitivo-Comportamentale è dunque identificare e riconoscere, per poi modificarli e renderli più realistici attraverso la ristrutturazione cognitiva. A questo fine sono stati identificati gli errori di pensiero più comuni, denominati distorsioni cognitive.
Le principali e più comuni distorsioni cognitive sono:
- Catastrofizzazione. Ci si aspetta che un disastro stia per accadere da un momento all’altro, al di là delle possibili prove realistiche intorno a noi.
- Pensiero tutto o nulla. Non esistono sfumature, ma solo il bianco e il nero: ogni valutazione è nella sua forma più estrema.
- Doverizzazione. C’è un’idea fissa e rigida di come ci si dovrebbe comportare e si innesca una valutazione negativa quando queste aspettative assolute vengono disattese.
- Personalizzazione. Quando le cose vanno male o gli altri si comportano male, crediamo che sia colpa nostra.
- Lettura del pensiero. Crediamo di sapere ciò che gli altri pensano e provano, anche al di là delle possibilità più probabili.
- Etichettamento. Attribuiamo etichette globali, arrivando a conclusioni drastiche su noi stessi e gli altri.
Le distorsioni cognitive non sono però una prigione senza via di uscita. Imparando a riconoscerle possiamo diventare sempre più consapevoli dei nostri pensieri automatici, mettendoli anche in discussione. Spezzare le catene che ci tengono prigionieri, per coltivare i nostri mondi interni, perché è attraverso di essi che entriamo in relazione con il mondo.
Il ruolo dei compiti: il paziente attivo
Uno dei principi più importanti della terapia in generale e della Terapia Cognitivo-Comportamentale nello specifico è che il più grande cambiamento avviene nel tempo che intercorre tra una seduta e l’altra. Questo significa, nell’ottica Cognitivo-Comportamentale, mettere in atto esercizi, compiti, esperimenti comportamentali che permettano di sperimentare nella vita reale ciò di cui si parla e si esplora in seduta. Il paziente quindi è un agente attivo e cooperativo del processo terapeutico.
La relazione terapeutica
Paziente e terapeuta sono tra di loro in relazione: una relazione non solo di cura che si sviluppa in un rapporto professionale, ma anche una relazione umana. E proprio per questo è inevitabile che entri in gioco l’affettività. Lo psicologo prova un genuino interesse per la vita e il benessere dei pazienti che incontra. E parte del lavoro terapeutico sta anche in questo: volere il bene dei pazienti.
Non un legame di amicizia quindi, ma una relazione terapeutica in cui si sviluppa e si coltiva un elemento fondamentale: l’alleanza. L’alleanza terapeutica secondo Bordin è costituita da tre elementi:
- Condivisione degli obiettivi;
- Definizione dei compiti;
- Legame affettivo basato su fiducia, rispetto e cooperazione.
L’alleanza terapeutica è un lavoro collaborativo, in cui entrambe le parti con ruoli definiti sono attive nel processo, interagendo tra loro. É anche uno dei principali fattori che prevedono l’esito della terapia.
Districare la matassa di pensieri, emozioni e comportamenti
Non è sempre facile imparare a riconoscere e districare la matassa di pensieri, emozioni e comportamenti. D’altronde la terapia è un processo difficile e complesso proprio perché si affronta la sofferenza al fine di generare un cambiamento.
Proprio per questo un primo fondamentale passaggio è proprio quello di imparare a distinguere i fili di questa matassa: riconoscere quindi i pensieri e le emozioni, distinguendoli tra loro. A questo fine può essere estremamente utile l’applicazione dei principi della mindfulness della Terapia Cognitivo-Comportamentale di terza onda.
La mindfulness, utilizzata negli interventi terapeutici, ha come scopo fondamentale quello di permettere ai pazienti di essere consapevoli delle proprie esperienze interne nel qui ed ora, imparando ad osservarle senza giudicarle e senza identificarsi con esse, ma riconoscendole come eventi della mente: permette dunque di sviluppare e rafforzare la consapevolezza metacognitiva, o utilizzando il termine introdotto da Hayes, il padre dell’ACT, il decentramento.
Tu non sei i tuoi pensieri, ma la tua sofferenza è reale
Quindi, interpretiamo il mondo attraverso i nostri pensieri, ma non siamo i nostri pensieri. Questo non significa che la sofferenza non sia reale: perché anche se non si vedono, pensieri e parole creano ferite profonde.
Quando ci fondiamo con i nostri pensieri, non riusciamo più a distinguere la realtà oggettiva dalle nostre credenze catastrofiche. Questo però non significa che i tuoi pensieri siano la realtà. Anche se il dolore che provocano è pesante e tangibile, i nostri pensieri restano solo pensieri. Interpretazioni della realtà. E può sembrare una grande contraddizione, ma in realtà non è così: è quando ci fondiamo con i nostri pensieri che si genera la sofferenza. E quando proviamo a controllarli, non finiamo altro che creare altro dolore, in un ciclo infinito di dolore.
Ma i pensieri sono solo pensieri: non è possibile controllarli o domarli. E nella Terapia Cognitivo-Comportamentale si lavora proprio su questo. Quello che possiamo fare è cambiare il rapporto che abbiamo con i nostri pensieri, interrompendo il ciclo della sofferenza e provando a vederli finalmente per quello che sono davvero: pensieri.
Lo scopo del presente articolo quindi è puramente informativo e divulgativo: non si sostituisce ad un percorso di terapia personale o a un iter diagnostico, ma ha il solo scopo psicoeducativo.
Riferimenti bibliografici
- Istituto A.T. Beck
- Beck Institute
- Beck, J. S. (2013). La terapia cognitivo-comportamentale. Edizione Italiana a cura di A. Montano. Roma: Astrolabio Ubaldini Editore.
- Montano, A., Rubbino, R., & Claudia, A. (2007). Mindfulness. Guida alla meditazione di consapevolezza. Ecomind.
- Montano, A., Iadeluca, V. (2022). Meditare con la vita. Tutto quello che c’è da sapere sulla mindfulness. Trento: Edizioni Erickson.
- Bordin, E. S. (1979). The generalizability of the psychoanalytic concept of the working alliance. Psychotherapy: Theory, Research & Practice, 16(3), 252-260.
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